Il DNA ambientale, un nuovo strumento per il controllo dei wet market
I wet market, tradotto dall’inglese “mercato umido”, sono mercati prevalentemente all’aperto dedicati alla vendita di beni deperibili come carne, pesce e frutta. Questi mercati sono caratterizzati dalla presenza di animali vivi, spesso detenuti in pessime condizioni e soppressi direttamente in loco durante la vendita.
Nei wet market, specie selvatiche, protette e in via di estinzione, animali domestici e esseri umani si trovano a convivere a stretto contatto in un ambiente poco igienico e malsano. Tali condizioni favoriscono la proliferazione di virus e batteri e sono in grado di agevolare il cosiddetto “salto di specie” e il conseguente sviluppo di focolai di malattie zoonotiche.
Nei primi mesi della pandemia di COVID-19, i wet market sono stati al centro dell’attenzione mondiale a causa del presunto coinvolgimento del mercato all’ingrosso del pesce di Wuhan nella diffusione del virus SARS-CoV-2. Questo ha spinto molti governi a prendere provvedimenti ma, a distanza di due anni, nulla sembra essere cambiato.
Un controllo migliore grazie al DNA
Poter effettuare un controllo efficiente dei wet market risulta tutt’oggi complesso. I ricercatori del laboratorio di conservazione forense dell’Università di Hong Kong hanno però sviluppato una nuova metodologia, basata sul DNA, in grado di rintracciare la presenza di moltissime specie, tra cui quelle protette e in via di estinzione, attraverso l’analisi di un unico campione di acqua.
Attualmente tali controlli vengono effettuati attraverso analisi tassonomiche basate su una valutazione visiva, effettuata da esperti, delle caratteristiche morfologiche tipiche delle diverse specie. Un metodo dispendioso e poco efficace soprattutto dopo la perdita dei tratti distintivi a seguito delle lavorazioni e che non consente di individuare specie protette vendute di nascosto in giorni diversi da quelli del campionamento.
La nuova metodologia combina la tecnica del DNA metabarcoding, già utilizzata in diversi nostri lavori per il settore erboristico e agroalimentare, e il DNA ambientale o eDNA (da ‘environment’). Questa consente di rintracciare contemporaneamente il DNA di decine o centinaia di organismi viventi, presenti in un determinato luogo, attraverso l’analisi di un singolo campione ambientale (terreno, acqua, ghiaccio, sedimenti, etc.).
Per lo studio in questione, i ricercatori hanno prelevato dei campioni di acqua in tre diversi mercati di Hong Kong, in un lasso di tempo di 5 giorni. Il materiale su cui eseguire il test è stato ricavato tramite filtrazione e precipitazione. Entrambe le metodologie si sono rivelate valide e dall’analisi è stato possibile rintracciare oltre cento specie tra pesci, molluschi e crostacei. Tra queste sono state individuate anche specie in via di estinzione come alcune orate e altri pesci presenti negli elenchi dell’Iucn (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) o nella Cites (Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie minacciate di Estinzione).
Ovviamente la tecnica sviluppata non consente di rintracciare il 100% delle specie presenti in un determinato ambiente, ma può dare una visione sicuramente maggiore e più accurata rispetto agli strumenti attualmente utilizzati. Questa costituisce inoltre un metodo rapido e standardizzato per scoraggiare il commercio illegale di specie a rischio e per un maggiore controllo di ciò che viene commercializzato nei wet market.